Patologie della spalla

La capsulite adesiva

La capsulite adesiva (spalla congelata) è una patologia della spalla dipendente da un processo infiammatorio primitivo o secondario ad un trauma, che colpisce elettivamente la capsula ed i legamenti di questa articolazione provocando la formazione di cicatrici aderenziali. Queste determinano, a loro volta, la riduzione dell'articolarità e l' insorgenza di vivo dolore durante i tentativi di movimento dell'arto superiore. Colpisce il 2% della popolazione mondiale ed è più frequente nelle donne tra i 40 ed i 70 anni.

Quali sono le cause?

Non è ancora del tutto chiaro quale sia la causa di questa patologia. Pregresse fratture, interventi chirurgici e immobilizzazioni prolungate a carico dell' arto superiore sono spesso causa di questo "congelamento". Si è a conoscenza che alcune patologie come il diabete, le cardiopatie, alcune affezioni neoplastiche si associano frequentemente alla capsulite adesiva. Questa patologia può comunque insorgere in assenza di cause scatenanti (forma idiopatica). Può manifestarsi, raramente, in entrambi le spalle, anche in tempi successivi.

Quali sono i sintomi?

La sintomatologia è caratterizzata dal dolore e dalla progressiva limitazione dell'arco di movimento della spalla e progredisce in maniera caratteristica in tre fasi. I sintomi della prima fase detta "di congelamento", la cui durata può essere anche di alcuni mesi, sono rappresentati dalla comparsa del dolore alla spalla che aumenta con il movimento, pertanto il paziente tende a "non utilizzare" l'arto affetto. Durante questa fase il dolore può essere presente anche a riposo, specialmente di notte. La seconda fase "di rigidità progressiva" ( dai 3 ai 12 mesi circa) è caratterizzata dalla presenza continua del dolore; la rigidità progredisce sino al punto che il movimento della spalla diventa limitato su tutti i piani dello spazio. Solitamente il dolore è meno intenso che nella fase iniziale ed è spesso evocato dai tentativi di movimento. Durante la fase finale di risoluzione o "del disgelo" (da 4 mesi a tre anni) si va progressivamente incontro ad un lento miglioramento, con un progressivo recupero dell'articolarità e della funzione della spalla.

Qual'e' il trattamento?

Nelle fasi iniziali della patologia è utile un trattamento con farmaci antinfiammatori associato a riabilitazione (Ionoforesi, Ultrasuoni, Chinesiterapia). E' utile, sempre nelle fasi iniziali, avvalersi dell'aiuto di un terapista che pratica una mobilizzazione attiva-assistita o passiva della spalla che permette di conservare l'arco di movimento. Nelle fasi più avanzate della patologia, in presenza di importanti processi cicatriziali, e comunque quando il trattamento rieducativi non sembra variare l'andamento della patologia, può essere indicato un intervento chirurgico in artroscopia per liberare le aderenze articolari e "detendere" le strutture adese. Al termine dell'intervento, con il paziente addormentato (in narcosi), si completa la mobilizzazione dell'articolazione che permette di recuperare il movimento, spesso completo, della spalla. Questi trattamenti devono essere seguiti sempre da un impegnativo e precoce periodo di riabilitazione per evitare il riformarsi delle aderenze. Spesso il paziente, subito dopo l'intervento, viene aiutato a mantenere il movimento recuperato con l'ausilio di macchinari che muovono passivamente l'articolazione (mobilizzazione passiva continua o CPM). E' possibile che nelle fasii immediatamente successive all'intervento si assista ad una temporanea e parziale riduzione dell range di movimento acquistato; questo non deve scoraggiare ill paziente che generalmente, con l'aiuto del fisioterapista, riacquista in breve tempo quanto ottenuto al termine dell'intervento.

L'artrosi di spalla

La spalla è formata dall' insieme di tre segmenti ossei (omero, scapola e clavicola) che si articolano tra loro formando 5 diverse articolazioni (sternoclavicolare, acromion-clavicolare, scapolo-toracica, gleno-omerale e coraco-acromiale). Tali strutture sono tenute assieme dalla coesistenza di strutture capsulo-legamentose e muscolo-tendinee che ne permettono al contempo la stabilizzazione e la motilità. La spalla è l'articolazione più mobile di tutto il corpo umano; nonostante non sia un'articolazione da carico (al contrario di quella dell'anca o del ginocchio), anch'essa può andare incontro a fenomeni degenerativi di natura artrosica, anche se con un'incidenza notevolmente inferiore rispetto ad suddette articolazioni.

Cos'è l'artropatia degenerativa?

Diversi fattori possono concorrere al deterioramento della regolarità e della congruenza delle strutture ossee e cartilaginee della spalla. Le due articolazioni maggiormente coinvolte sono la gleno-omerale e la acromion-clavicolare. A seguito di tali processi degenerativi, si crea una erosione della cartilagine che ricopre tali strutture, con conseguente danno delle strutture ossee sottostanti e dei tessuti molli circostanti. Questo comporta una perdita di congruenza dei capi ossei con conseguente progressiva limitazione dell'articolarità associata a dolore.

Cosa provoca la degenerazione articolare?

La patologia degenerativa articolare a livello dell'articolazione gleno-omerale (GO), può essere di tipo concentrico o eccentrico. La prima forma è in genere di natura idiopatica, cioè dovuta ad una precoce usura delle strutture cartilaginee dovuta o al passare degli anni o alla presenza di patologie associate, quali forme artritiche sistemiche (ad es. Artrite Reumatoide), o patologie vascolo-nervose ( ad es. diabete, patologie nervose periferiche, esiti di terapie croniche con cortisonici). La forma degenerativa eccentrica invece è generalmente secondaria ad una alterata meccanica articolare, con conseguente usura patologica delle strutture articolari e tendenza alla risalita della testa omerale verso la volta acromiale. Le lesioni massive della cuffia dei rotatori, esiti di traumi, di fratture o di precedenti interventi chirurgici sono di solito alla base di questo tipo di artrosi. Le alterazioni dell'articolazione acromion-clavicoalre (AC) possono essere anch'esse di natura idiopatica, legate cioè ad un "naturale" processo degenerativo del disco fibrocartilagineo che si trova interposto fra queste strutture, o più spesso conseguenza di traumi a livello di tale articolazione (lussazioni acromion clavicolari di I - II grado). Un accurato esame clinico e uno studio radiografico sono sufficienti per fare una diagnosi certa. La risonanza magnetica può mostrare meglio i rapporti dell'articolazione con il sottostante spazio subacromiale.

Come si manifesta la patologia?

La patologia degenerativa artrosica insorge ed evolve in maniera insidiosa con una inevitabile ma talvolta lenta progressione. Il paziente lamenta in genere una progressiva limitazione della funzionalità della spalla, associata a dolore nei gradi estremi di movimento e scrosci articolari che col tempo divengono sempre più importanti. Il paziente sviluppa nel tempo una notevole impotenza funzionale della spalla con difficoltà nella esecuzione dei movimenti più comuni della vita quotidiana, come l'alzare un peso, pettinarsi, indossare una giacca o allacciarsi il reggiseno. Con il tempo il dolore può essere presente anche durante la notte.

Trattamento conservativo

Il trattamento conservativo è volto ad alleviare la sintomatologia dolorosa e la perdita di articolarità che caratterizzano tale patologia. La somministrazione di farmaci antinfiammatori (FANS) per via orale e l'eventuale infiltrazione di cortisonici (solo in casi selezionati e di solito non superando tre iniezioni per ciclo infiltrativo) sono presidi medici che possono aiutare il paziente a superare i periodi più gravi della patologia. In aggiunta si può ricorrere a cicli di chinesiterapia attiva e assistita volti a mantenere il più possibile elastica la capsula articolare, a evitare la formazione di aderenze e a mantenere un adeguato tono muscolare, quindi a conservare le capacità funzionali esistenti cercando di ritardare il peggioramento dei disturbi. Nella maggior parte dei casi tale terapia si dimostra efficace nel migliorare la qualità di vita, pur non riuscendo a limitare la inevitabile progressione della patologia artrosica.

Trattamento chirurgico

Il trattamento chirurgico si rende necessario, qualora la terapia medica e la chinesiterapia (prolungata per un periodo non inferiore ai sei mesi) non siano riusciti a dare sollievo efficace al paziente. Il suo scopo non è quello di ripristinare una normale o completa funzione articolare, bensì quello di limitare il più possibile la sintomatologia dolorosa e consentire l'esecuzione delle più comuni attività quotidiane. L'artroscopia di spalla è un trattamento che non è in grado di risolvere la patologia degenerativa ma può essere talvolta indicato nel tentativo di ridurre il dolore e di trattare parzialmente le lesioni associate (sinovite, patologie del capo lungo bicipitale, corpi mobili, cartilagine articolare…). Il trattamento chirurgico della patologia degenerativa dell'articolazione gleno-omerale consiste nella sostituzione dei capi ossei con delle componenti metalliche e di polietilene che vanno a ripristinare la corretta biomeccanica della spalla. La scelta di un intervento così importante deve essere ben ponderato, eseguito da personale medico specializzato, e deve essere fatto con la completa collaborazione del pz il quale sarà uno degli artefici della buona riuscita dell'intervento.

Lesione della cuffia dei rotatori

L'articolazione della spalla compresa tra testa dell'omero e glena della scapola è circondata da un manicotto di tendini appiattiti, che sono a loro volta collegati a muscoli. Quando questi muscoli vengono attivati, il braccio può ruotare o alzarsi seguendo la direzione del "tirante" azionato. Questo complesso meccanismo si verifica però in un'area assai ristretta, lo spazio sub-acromiale (compreso tra acromion e omero). Questo può sottoporre, in alcuni casi, ad attrito, sovraccarico ed infine ad usura dei tendini che scorrono le tra due superfici ossee contrapposte, configurando così una "SINDROME DA ATTRITO" SUBACROMIALE". Lo spazio sub-acromiale può essere ristretto per cause reali anatomiche, come ad esempio una porzione anteriore dell'acromion particolarmente appuntita, oppure virtuali, come una funzione non armonica dei muscoli o una insufficienza di alcuni di essi. Anche nello sport, specialmente nei movimenti ripetuti al di sopra della testa, si possono ricreare condizioni in cui, le forze necessarie per accelerare o frenare il movimento dell'arto superiore eseguito ripetutamente, oppure un movimento eccessivo favorito da un "allentamento" della capsula anteriore della spalla, conducono ad una situazione dolorosa. I tendini sottoposti ad usura possono infiammarsi, spesso assieme alla borsa sub-acromiale; essere luogo di fenomeni degenerativi (tendinosi); possono inoltre rompersi, parzialmente o totalmente (rottura della cuffia). Nella maggior parte dei casi le rotture avvengono su base degenerativa, spontaneamente o in seguito a sollecitazioni di entità moderata.

Quali sono i sintomi?

Con la comparsa di dolore della spalla, talora irradiato lungo il braccio, che aumenta durante l'elevazione. Spesso il dolore è maggiore durante la notte, tanto da provocare a volte il risveglio. Nei casi in cui I tendini sono rotti è possibile che il paziente non riesca attivamente ad elevare l'arto o che accusi una riduzione della forza del lato affetto.

Quali sono gli accertamenti da eseguire?

La semplice radiografia fornisce spesso indicazioni utili anche se non è sufficiente per visualizzare i tendini; per questo servono l'ecografia e, spesso, la Risonanza Magnetica per completare il percorso diagnostico. Non sempre è necessario effettuare tutti e tre questi esami.

Trattamento conservativo

Quando la patologia è ancora allo stadio iniziale può essere sufficiente un periodo di riposo relativo con istruzioni per l'esecuzione di cauti esercizi di recupero funzionale e l'assunzione di farmaci antinfiammatori per un breve periodo. La Fisiochinesiterapia può essere di notevole aiuto nel diminuire il dolore e l'infiammazione e mantenere il tono muscolare. Una borsa di ghiaccio applicata localmente per 15-20 minuti può dare sollievo in fase acuta. Solo in casi selezionati un ciclo di due o tre infiltrazioni di cortisonici nello spazio subacromiale può risultare in una temporanea risoluzione della sintomatologia.

Trattamento chirurgico

Quando il trattamento conservativo non ha fornito buoni risultati, può essere necessario sottoporsi ad una artroscopia di spalla. Mediante questa tecnica mini invasiva si possono trattare buona parte delle patologie della cuffia dei rotatori. Con piccoli strumenti, introdotti attraverso fori di 5-6 mm, possono essere asportati i tessuti infiammati della borsa sottoacromiale, eventuali speroni ossei dell'acromion, riparate le lesioni della cuffia e visualizzate ed eventualmente trattate le patologie dell'articolazione gleno-omerale. In alcuni casi può essere necessaria l'esecuzione di una piccola incisione cutanea (tecnica mini-open) per poter consentire la riparazione delle lesioni più complesse della cuffia.

Lussazione gleno-omerale

L'articolazione della spalla ricorda una sfera (testa dell'omero) che si adatta in un guscio (glena). La testa dell'omero viene trattenuta nella glena dai muscoli della spalla e dalla "capsula" (una sorta di manicotto fibroso), che si inserisce sul contorno della glena tramite un anello di cartilagine: il "labbro glenoideo". Quando la capsula viene danneggiata in seguito ad un trauma oppure si presenta più debole per costituzione, essa non è più in grado di trattenere efficacemente la testa dell'omero nella glena e la spalla diventa "instabile"; durante certi movimenti del braccio la testa dell'omero si muove allora in maniera anomala e comunque eccessiva rispetto alla glena, tanto da provocare dolore e senso di instabilità ("sublussazione"); in alcuni casi la testa dell'omero e la glena perdono del tutto il reciproco contatto ("lussazione").

L'instabilità traumatica di spalla è spesso dovuta ad una caduta; la testa dell'omero si sposta in una particolare direzione (generalmente in avanti: è la cosiddetta "lussazione anteriore di spalla") e di solito lacera la capsula oppure disinserisce il labbro glenoideo dalla glena ("lesione di Bankart"). In genere il riposizionamento della testa omerale nella sua cavità viene effettuato in urgenza da un medico che deve anche valutare l'eventuale presenza di danni neurologici, vascolari o ossei. La spalla viene poi immobilizzata per un periodo di 2-4 settimane nel caso di un primo episodio. La riabilitazione inizia alla rimozione del bendaggio con movimenti delicati, evitando di forzare l'abduzione e la rotazione esterna. A 3 settimane dalla rimozione del bendaggio si potrà iniziare, previo parere del medico, a guidare, mentre l'attività lavorativa richiede di solito almeno altre 2 settimane. In questo periodo assume molta importanza la riabilitazione propriocettiva (serve per ottenere un buon controllo sulla coordinazione muscolare). A circa 2 mesi dal trauma viene perfezionato il recupero globale, a circa 3 mesi dal trauma si può riprendere l'attività sportiva. Purtroppo durante la prima lussazione traumatica si verificano molto spesso dei danni permanenti nella spalla (come una lacerazione o un allentamento della capsula o la già citata "lesione di Bankart", attraverso la quale la testa omerale può nuovamente impegnarsi): perciò può accadere che dopo la riabilitazione. persistano una sensazione di instabilità o che, più frequentemente, si manifestino nuove lussazioni. In tali casi la rieducazione va continuata, ma si deve iniziare a prendere in considerazione il trattamento chirurgico, soprattutto nei pazienti più attivi, per i quali è maggiore il rischio di una nuova lussazione (recidiva).

Si procede ad intervento chirurgico quando, nonostante un approprisi verificano frequenti e dolorose lussazioni o sublussazioni della spalla o quando il paziente non è in grado di partecipare ad attività desiderate (a condizione che egli sia propenso e capace di aderire ad una adeguata riabilitazione dopo l'intervento). Nella procedura a cielo aperto viene effettuata un'incisione di circa 5-8 cm sulla spalla. L'intervento non è particolarmente doloroso: l'anestesista può proporre diverse soluzioni, che controllano il dolore anche nei soggetti più sensibili. Se il labbro glenoideo si presenta disinserito, verrà riparatocon punti di sutura o con ancorette chirurgiche. ("Ancorette": sistemi di fissazione dei tessuti molli all'osso). Se la capsula è molto allentata verrà effettuata una "plastica" (la capsula viene incisa ed i lembi risultanti vengono traslati in maniera tale da "ritensionarla", cioè ridurne l'eccesso). Nella procedura artroscopica (in cui le cicatrici sono meno estese, ma c'è un maggior rischio di recidiva dell'instabilità) il chirurgo fa una piccola incisione nella pelle del paziente e vi inserisce uno strumento di pochi millimetri di diametro, che permette di lavorare all'interno dell'articolazione, per esempio per riparare una lesione di Bankart.

Dopo l'intervento viene applicato un tutore mantenuto per 2-4 settimane. La fisioterapia inizia con movimenti attivi e passivi, evitando di forzare la rotazione esterna. Dal terzo mese gli esercizi per migliorare la forza e l'articolarità vengono intensificati. Il ritorno alla normale attività quotidiana può avvenire in circa 45 giorni. Il ritorno allo sport è possibile dopo 3-4 mesi dall'intervento. I tempi di recupero non variano tra intervento a cielo aperto e artroscopico. L'instabilità non traumatica di spalla merita un discorso a parte. In questo caso il dolore e l'instabilità dipendono da sublussazioni che non sono dovute ad un trauma, ma a fattori costituzionali: in alcune persone la capsula di entrambe le spalle è di per sé troppo lassa e la testa dell'omero si disloca in più direzioni.

Il trattamento consiste in un ciclo prolungato di riabilitazione che implica un potenziamento di alcuni muscoli che stabilizzano la spalla. E' importante anche migliorare la propriocezione (cioè il controllo sulla coordinazione dei muscoli). Un programma appropriato di riabilitazione riesce spesso a migliorare notevolmente i sintomi dell'instabilità. Tuttavia, in presenza di continui dolori o di instabilità, l'intervento chirurgico può essere raccomandato, ma solo dopo il fallimento di un tentativo adeguato di riabilitazione (quando la testa dell'omero tende a dislocarsi in direzione posteriore o in più direzioni, i risultati chirurgici sono infatti meno prevedibili rispetto ad un'instabilità anteriore). Generalmente l'intervento ("shift capsulare inferiore") permette di dare alla capsula una maggiore tensione, al fine di rendere la spalla più stabile. Dopo l'intervento i pazienti sono immobilizzati in un apposito tutore per 4-6 settimane. Viene poi iniziata la fisioterapia: vengono effettuati gli esercizi per riacquistare il movimento, quindi gli esercizi neuromuscolari e di potenziamento. Il ritorno allo sport è generalmente concesso dopo 6 mesi dall'intervento. Possibili complicanze della chirurgia per l'instabilità di spalla: infezione ed ematoma (complicazioni comuni a qualsiasi intervento); una limitazione del movimento della spalla, in particolare la rotazione esterna (per un eccessivo tensionamento della capsula); recidiva dell'instabilità (soprattutto negli interventi in artroscopia); complicazioni relative ai mezzi di sintesi; lesioni di nervi e vasi (rare).

Tendinopatia calcifica

Cosa si intende per tendinopatia calcifica?

La tendinopatia calcifica, o tendinite calcificante, è una malattia caratterizzata dalla presenza di depositi di calcio in uno dei tendini della spalla che vanno a formare una struttura nota come cuffia dei Rotatori. Questa malattia si può verificare per due motivi :
• Le cellule dei tendini si trasformano in cellule che producono calcio (metaplasia cellulare).
• Le cellule dei tendini degenerano per il fisiologico processo dell'invecchiamento e dell'usura e quindi calcificano.

Chi è più colpito?

La tendinopatia calcifica è più frequente nei soggetti giovani adulti. Generalmente le donne sono quelle più colpite in particolare se svolgono attività lavorative domestiche o sedentarie. La spalla destra è quella più interessata.

Come si manifesta la patologia?

Il sintomo caratteristico è il dolore, localizzato solo sulla spalla , senza irradiazione a regioni del corpo. Il dolore aumenta durante i movimenti del braccio e può essere presente anche di notte. Generalmente la mobilità della spalla è ridotta.

Quale è la durata dei sintomi?

La calcificazione segue un suo ciclo evolutivo. Ad ogni fase di questo ciclo corrisponde un differente quadro clinico. La prima fase è definita di "metaplasia fibrocartilaginea". Seguono le fasi "formativa", "calcifica", "di riassorbimento" e "di ristrutturazione". Tranne la prima, sono tutte potenzialmente responsabili di dolore. La fase di "riassorbimento" è la più dolente.

Come porre diagnosi?

L'esame radiografico rappresenta l'esame principale in proiezione antero-posteriore con il braccio intraruotato ed extraruotato . Poi per localizzare meglio la lesione si esegue la TC o la RM. Lo studio della lesione è molto importante in quanto queste calcificazioni si differenziano per localizzazione, dimensione, forma e nitidezza del contorno.

Quali sono le possibili complicazioni?

Questa patologia non è significativamente correlata con altre malattie come la rottura della cuffia dei ruotatori, l'artrosi acromio-clavicolare e/o gleno-omerale.

Come deve essere trattata?

Dipende dalla fase del ciclo evolutivo. Se la fase è quella del "riassorbimento" ed il dolore non è particolarmente intenso, è preferibile perseverare con il trattamento conservativo (fisioterapia e farmaci antidolorifici). Se è quella "formativa" e non c'è stata una remissione dei sintomi con il trattamento conservativo vi può essere indicazione ad effettuare una- due infiltrazioni di un cortisonico, che dà spesso ottimi risultati. Se questo fallisce, vi è indicazione al trattamento chirurgico, per via artroscopica (inserimento di una telecamera a fibre ottiche e di strumenti chirurgici attraverso alcuni fori praticati attorno alla spalla). Il trattamento chirurgico garantisce una cerca risoluzione dei sintomi . Recentemente, le calcificazioni sono state trattate con uno strumento ad onde d'urto simile a quello per i calcoli renali. I risultati sono meno brillanti di quelli ottenuti con il trattamento chirurgico.